Il giusto rapporto tra omega 6 ed omega 3

Secondo le fonti LARN (Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti per la popolazione italiana), nel nostro Paese il rapporto tra omega 6 ed omega 3 è di circa 13:1, che corrisponde ad una percentuale energetica complessiva di circa il 6% del consumo calorico quotidiano; questo significa Omega tre - Omega seiche – mentre la razione raccomandata di omega 6 per l’adulto dovrebbe essere l’1-2% delle calorie totali giornaliere, e quella di omega 3 circa lo 0,2-0,5% – la popolazione italiana introduce circa il 5,54% di omega 6 e lo 0,46% di omega 3 (valori riferiti alla quota energetica totale).

Analizzando i dati sopra riportati, è evidente che l’apporto complessivo degli acidi grassi essenziali rientra abbondantemente nelle raccomandazioni dei livelli di assunzione; tuttavia, ciò non significa che l’introito complessivo di acidi grassi essenziali sia idoneo al mantenimento dello stato di salute. A tal proposito, i ricercatori hanno trovato importanti correlazioni tra la patogenesi di numerosi disturbi e l’alterazione del rapporto tra i due acidi grassi essenziali nella dieta.
Secondo i LARN, il giusto apporto tra omega 6 ed omega 3 dovrebbe essere di 4:1.

Gli interventi dietetici necessari al ripristino delle assunzioni raccomandate riguardano soprattutto:

NB: alcuni alimenti sono ottime fonti di entrambi gli acidi grassi essenziali, pertanto, al fine di correggere l’equilibrio dei due lipidi sarebbe opportuno prediligere le fonti alimentari di omega 3 più “pure”.
Rispettare le razioni raccomandate di acidi grassi essenziali potrebbe sembrare un’impresa quantomeno ardua, dopotutto, a parità di omega 6 bisognerebbe quintuplicare l’introito di omega 3; fortunatamente, è possibile ottimizzare il rapporto tra omega 6 ed omega 3 mediante l’incremento del consumo di pesce azzurro (fino a 2-3 porzioni settimanali) anche senza ridurre l’introito di acido linoleico.
Rapporto tra omega 6 ed omega 3
Perché è determinante correggere il bilancio degli acidi grassi essenziali nel mantenimento dello stato di salute?
La risposta è complessa e molto articolata; il giusto rapporto tra omega 6 ed omega 3 favorisce:

Gli omega 3 sono precursori degli eicosanoiti tipo PG1 e PG3, pertanto svolgono una funzione antiaggregante, vasoprotettiva ed antitrombotica; al contrario, gli omega 6 sono anche precursori degli eicosanoidi PG2, che si avvalgono di capacità pro infiammatorie e pro trombotiche.
In parole povere, gli eicosanoidi PG2 (quelli potenzialmente in eccesso perché derivanti dagli omega 6) FAVORISCONO L’INNESCO dell’infiammazione, mentre gli eicosanoidi PG1 e PG3 (quelli verosimilmente in difetto perché derivanti dagli omega 3) FAVORISCONO LA REGRESSIONE della flogosi.
E’ d’obbligo specificare che TUTTI gli eicosanoidi (PG1, PG2 e PG3) sono molecole essenziali al corretto funzionamento dell’organismo; tuttavia, la tendenza all’infiammazione CRONICA (potenzialmente aggravata dall’eccesso di omega 6) rappresenta un importante fattore di rischio per le malattie autoimmuni (artrite reumatoiderettocolite ulcerosamorbo di Crohn, ecc.) e può aggravare alcune patologie dismetaboliche pre-esistenti incidendo sul rischio cardiovascolare.

In definitiva, mantenere il giusto rapporto tra omega 6 ed omega 3 garantisce l’equilibrio omeostatico degli eicosanoidi, facilitando la prevenzione dell’infiammazione cronica sistemica e riducendo il rischio di malattie autoimmuni ed cardio-vascolari..

NOTA BENE: recenti sviluppi indicano come – in termini di rischio cardiovascolare – il rapporto omega 6/omega 3 NON giochi un ruolo rilevante nella realtà clinica. Piuttosto che affannarsi alla ricerca di un ottimale bilanciamento, sembra preferibile preoccuparsi di SOSTITUIRE i grassi saturi e quelli trans con ANALOGHE quantità di acido linoleico. Infatti, nell’ambito di una dieta a basso tenore di grassi saturi e trans, un apporto di omega 6, in particolare di acido linoleico, almeno fino al 5-10% delle calorie totali, sembra svolgere un effetto protettivo nei confronti del rischio coronarico.

Analogo discorso per l’attività pro-infiammatoria degli omega-6, la quale – seppur ampiamente teorizzata e dimostrata in vitro – non sembra trovare conferma negli studi sull’uomo. Anzi, alcuni studi hanno addirittura rilevato una correlazione inversa, con prevalenza dell’attività antiinfiammatoria in vivo degli omega 6 introdotti con la dieta.

 

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